Cosa vuoi fare da grande, quanti di voi ricordano questa domanda?
Credo che ognuno di noi se la sia sentita porre all’infinito nel corso della vita, da genitori, parenti o anche semplici estranei. E più si diventa grandi, più il tono sognante diventa preoccupato, come quando in adolescenza la domanda assume i toni del: “è il caso che cominci seriamente a pensare a cosa vuoi farne della tua vita”, con relative ansie al seguito. Perché se da piccoli le nostre fantasiose risposte facevano sorridere, i nostri silenzi, crescendo, fanno rizzare i capelli.
Quando ero piccola, ma proprio piccola, volevo fare la principessa Disney e mi esercitavo interpretandone ogni giorno una diversa. Una volta ero Jasmine e improvvisamente mi piacevano tutti gli animali del mondo. Un’altra ancora ero Cenerentola costretta a mettere in ordine la sua camera da una madre cattiva. Oppure ero la Sirenetta, e quindi le docce diventavano qualcosa di infinito. Ho sempre avuto una fervida immaginazione. Creavo i miei mondi fantastici e i miei amici immaginari nei quali interpretare al meglio la me stessa del momento.
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Sebastian non sa ancora rispondere a questa domanda. Per fortuna, aggiungo io. A volte dice di essere un dottore, altre volte è semplicemente un Super Eroe.
Significa che ancora non si è fatto condizionare da niente e da nessuno.
Significa che non sente il bisogno di emulare un modello, ma di essere ancora sé stesso, libero come l’aria e birichino come pochi.
Al papi piacerebbe che proseguisse il lavoro in azienda, sogna di poter trascorrere ore infinite chiuso in officina con lui a mostrargli il funzionamento di ogni macchinario, l’utilità di ogni inserto. Io vorrei che studiasse, non perché ambisco a sogni di gloria, semplicemente perché lo vorrei libero di fare scelte consapevoli, di decidere lui il proprio destino facendo quello che ama davvero. Lui farà ciò che lo renderà felice, e a noi andrà bene lo stesso.
Voi come vi immaginavate da bambini? E quanto di quell’immagine si avvicina a ciò che siete diventati?